Oggi è la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne (questo il nome completo).
Questo è un tema che mi sta molto a cuore.
Violenza non è solo aggressione fisica, ma anche verbale e psicologica.
Perché chi ti isola, chi ti priva delle tue amicizie e del tuo lavoro non ti ama.
E al primo ceffone ne seguiranno altri. In un escalation di violenza e isolamento fino al progressivo annullamento della persona.
Stupri, violenze sessuali, femminicidi, revenge porn, minacce perpetrate, stalking: tutto questo è all’ordine del giorno e no, NON È NORMALE.
Senza contare la misoginia che si esplica ogni giorno nel lavoro, nella politica e nel linguaggio.
Nel giudizio di chi ti dice che se hai un utero, devi fare figli. Che se hai dei figli, devi restare a casa a badare a loro e rinunciare alla carriera. Di chi decide al posto tuo le sorti del tuo corpo.
Nel sentenziare che la gonna è troppo corta, i tacchi troppo alti e tu sei troppo truccata o troppo ubriaca. E quindi te la sei cercata.
La violenza nel linguaggio comune del “Come sei acida oggi, sei per caso mestruata?” o del “Avete voluto la parità di genere?!”. Senza contare poi che l’offesa più gettonata per una donna è “sei una p***a”.
La discriminazione che si esplica nel clamore per l’elezione di una donna a vicepresidente degli Stati Uniti d’America o per quella di rettrice dell’Università La Sapienza.
Come donna libera, queste cose feriscono.
Nel 2020 ancora viviamo in una società patriarcale e fallocrate, dove vale il doppio standard valutativo per l’uomo e per la donna.
Qui non si tratta di educare le nostre figlie a difendersi: urge un cambiamento radicale di prospettiva.
Dovremmo educare i nostri figli non al rispetto delle “femmine” ma al rispetto di tutti gli esseri umani.
Le donne e gli uomini hanno parimenti diritti ed esigono parimenti rispetto.
E il rispetto è alla base di ogni relazione umana.
(1522 è il numero nazionale gratuito anti violenza e stalking: se c’è una difficoltà chiedete aiuto).