Clic “pausa”

Il Covid-19 ha cliccato sul tasto ‘pausa’.

Ha messo in pausa noi, le nostre vite, l’economia, il mondo.

Stiamo vivendo in una sorta di sospensione temporale in cui le nostre giornate sono state messe in stand-by, spogliate delle abitudini e degli automatismi. Viviamo una sensazione surreale di silenzio a cui non siamo abituati. E si diventa insofferenti, e ci si arrabbia e si sospira ad ogni dpcm.

Nella nostra società il rapporto con il tempo è diventato una delle maggior fonti di stress: oscilliamo tra le sensazioni di non avere abbastanza tempo e di un tempo che sembra non passare mai. Questa endemica irrequietezza che spinge a fare, fare e fare considera il non-fare come una blasfemia. Quante volte vi è capitato, dopo qualche tempo che non incontravate una persona conosciuta, di sentirvi chiedere: “Ma ora che fai?”, come se il ‘fare’ fosse la misura dell’essere; come se le attività che facciamo definissero chi siamo. Quando ci si ferma, l’aspetto curioso è che immediatamente si diventa se stessi. Si entra in contatto con quello che i greci chiamavano eudaimon, il demone interiore: si fa i conti con le domande a cui non vogliamo volgere lo sguardo o a cui non concediamo il giusto tempo: chi sono e che cosa voglio veramente?

Concedetevi di stare con i vostri cari, di scoprire che il vostro cane ha un piccolo neo sul naso, di ordinare quel cassetto di casa in cui si butta dentro tutto quello che capita, di appendere le foto incorniciate delle vacanze dell’estate prima: concedetevi di scoprire cosa vi nutre e cosa invece vi svuota. Abbiamo tutti la tendenza a rimandare la vita: ora possiamo riappropriarcene. Telefonate gli amici che non sentite da tempo, riposatevi, meditate, scopritevi cuochi provetti o influencer con dirette Instagram, leggete quel libro ormai impolverato sulla scrivania, scrivete quell’articolo che dovevate inviare mesi fa, finite la serie TV che vi appassiona, riprendete in mano la chitarra o la macchina da cucito. Prendetevi il tempo per voi.

Ecco allora che il ‘fermarsi’ assume un sapore diverso. Consideriamo questo momento di stop come un’officina nella quale fabbricare le idee più profonde, come un momento di rigenerazione fisica e mentale, foriero di opportunità per contemplare ciò che il nostro cuore ci dice: accorgiamoci che del ‘molto’ che facevamo possiamo farne a meno. E quando ripartiremo, sarà una partenza diversa, più consapevole e più lucida.

Come dice la mia fantastica direttrice di scuola, “un presente difficile porta sempre nuove idee e nuove sperimentazioni per il futuro”.

Ringrazio i miei amici e i miei pazienti per aver condiviso con me le loro attività giornaliere (che sono quelle elencate sopra!) ed essere stati d’ispirazione per queste parole. Grazie.

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